venerdì 18 gennaio 2013

"Un libro in rete". Le parole e le emozioni.





A Gennaio “Oltre la soglia” di Tito Faraci

PRIMA.
Rannicchiato nella cabina armadio, con le ginocchia in bocca, il ragazzo aspetta  lui.
Prima o poi arriverà, ne è sicuro. Lo ha sentito muoversi al piano di sotto.
Lo ha sentito urlare cose terribili. Per un po’, ha sentito anche la voce della madre e della sorella.
Poi basta: soltanto lui, la sua voce.
Il ragazzo ha bisogno di vedere, di controllare. Sbircia attraverso uno spiraglio. Lui si aggira per la stanza. Sta sbavando, che schifo.
Il ragazzo lo guarda ipnotizzato, dall’interno della cabina armadio. Lui punta diritto verso la mensola sopra il letto del ragazzo. Sta cercando la mazza da baseball. La afferra, la soppesa e scopre i denti in un sorriso. Un sorriso cattivo.
Lui esce di nuovo dalla stanza, biascicando qualcosa che potrebbe essere il nome del ragazzo.

Il nome del ragazzo è Jaco. Lui, quello con la mazza da baseball in pugno e la bava alla bocca, è suo padre.

ALL’INIZIO.
Qui sopra avrebbe dovuto esserci uno di quei bei video di zombi
Che ci piacciono tanto, ma anche oggi il tubo da i numeri.
E fosse solo lui..
Ho letto un sondaggio in cui la maggior parte di noi gggiovani
Trova divertente tutto questo casino.
Dico, ragazzi, forse qualcuno dovrebbe spiegarvi che NON è un film!!!
Quelli che stanno dando di matto sono…
Erano…gente NORMALE. Gente adulta con la testa a posto, fino a un attimo prima.
Il prossimo potrebbe essere il vostro vicino di casa, il proprietario
Della vostra fumetteria…Fateci un pensierino
Così se qualcuno vi intervista per un sondaggio,
evitate di rispondere alla cazzodicane.
Io intanto resto qui. Finchè la rete regge, tengo duro.
Teniamo duro, tutti quanti.

Pubblicato da Ray, 20 febbraio
Etichette:Epidemia, Zombi, Riflessioni
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“Nei primi giorni, quando il mondo aveva cominciato a cambiare, le autorità continuavano a invitare a mantenere la calma evitando corse all’accaparramento nei supermercati. I proprietari di quell’appartamento non avevano seguito l’invito. Dovevano essersi sentiti molto furbi o previdenti. Prima di andarsene, decisero di terminare l’ispezione dell’appartamento.
Andarono nella camera di fronte, quella del presunto fratello. Quando alzarono la tapparella, videro un grande manifesto dei Led Zeppelin. Il dirigibile in fiamme, come sulla copertina del loro primo disco. Good Times, bad times …Un iPod era collegato a un sistema di speaker..
Senza sperarci troppo, Jaco premette un tasto
 La musica fu come un pugno, che prima colpì e poi si strinse.

Black Sabbath e Pearl Jam, Nirvana e Rolling Stones, Jimi Handrix e Arcade Fire..
C’erano gli Who che, in My Generation, speravano di morire prima di invecchiare.
C’erano i Clash di London Calling, che incitavano i ragazzi e le ragazze a venir fuori dall’armadio.
C’era lo struggimento di chi si sente sempre inadeguato e fuori posto, in Creep dei Radiohead,
con quella sublime sciabolata di chitarra.
E ancora c’erano i Muse che annunciavano che il tempo sta finendo: Time Running Out…”.






“Anna pensava a Jaco. Era impaurita per lui. All'idea che gli accadesse qualcosa.
... All'idea di perderlo.
L'unica cosa di cui si sentiva sicura era l'attrazione per Jaco.
Un sentimento che la esaltava e spaventava in egual misura.
Le dava una nuova energia e, allo stesso tempo, la lasciava priva di forze.
Le sembrava di ricordare i versi di una canzone, in cui l'amore era paragonato ad un fuoco, che a volte accende, a volte consuma. Adesso ne comprendeva l'esatto significato.
La speranza che il suo sentimento fosse corrisposto si scontrava con il terrore d una doccia fredda, che l'avrebbe risvegliata da sogno.
Ad ogni modo, aveva cominciato a fare le sue mosse. Non in maniera sfacciata, ma cercando di essere chiara. Così c'erano gli sguardi prolungati, i sorrisi speciali, le occasioni sempre più frequenti in cui lei si ritrovava da sola con lui.
E lui, Jaco, non dava certo segni di dispiacersene. Al contrario rincarava la dose.
E quella sera, lei lo aveva scoperto più di una volta a fissarla.
Ad un certo punto le era sembrato, che facesse anche un cenno con la testa, annuendo, come a dire:” Sì, Anna, hai capito bene”.





“Sarah era china su Nico, ed entrambi fissavano Anna, mentre ricaricava il fucile
E lo puntava verso Jaco.

“Che cosa vuoi fare, Anna?” chiese Jaco. “Uccidermi?”
Un barlume di tristezza negli occhi. Poi la ferocia, di nuovo. La follia.
“Sai, Anna, credo di aver capito una cosa, in tutto questo tempo.
Da quando è cominciato a finire il mondo, intendo”.
Abbiamo tutti pensato che il problema fosse diventare adulti, Anna.
Pensato che fosse quello, crescere, a trasformare in adulterati. E invece…”

“Invece, secondo me, è l’esatto contrario. E’ il non crescere.
Nessuno è più capace di diventare adulto, adesso. Vivevamo in un mondo in cui tutti
volevano restare giovani, per sempre. Ed è quello che è successo. Mi sono spiegato?”

“Fin troppo bene” fece Anna. “Ma tutto questo discorso a cosa ci porta?”

Jaco avanzò di un passo verso la ragazza che aveva amato.
“Non aver paura, non aver paura di diventare adulta.
Anche se…ti senti inadeguata. E’ così, vero? Hai paura di non essere all’altezza…”

“Che cazzo stai dicendo adesso!?” rispose

“E’ questo il tuo problema, Anna? E’ questa la tua particolare paura?
Paura di non farcela? Affrontiamola insieme, allora…
Diventiamo adulti insieme, senza perdere nulla di ciò che c’è di buono nell’essere giovani…”




giovedì 10 gennaio 2013



Intervista al regista Luca Ragazzi 

a cura della redazione di Radio Jeans